venerdì 7 gennaio 2011

Arriva la macchina fotografica a un solo pixel


Una squadra di ricercatori spagnoli ha sviluppato il primo sensore capace di scattare foto di qualità con un solo pixel. La tecnica apre nuovi scenari nella fotografia biomedica e per la criptazione dei dati


Quanto sei orgoglioso della tua costosissima reflex da 12,3 milioni di pixel? Tanto, vero? Come reagiresti, allora, se ti dicessimo che c’è chi è riuscito a scattare immagini ad alta qualità utilizzandoun solo pixel? Tranquillo, in commercio non c’è (ancora) una fotocamera del genere. Nei laboratoridell’Universitat JaumeI di Castellò, in Spagna, invece sì. E funziona

A 40 anni da quando Boyle e Smith (ora premi Nobel) inventarono il primo sensore CCD, i ricercatori del Gruppo di Ricerca Ottica di Castellò sono riusciti a immortalare due immagini bidimensionali utilizzando un sensore di nuova concezione, a un solo pixel. Per farlo hanno utilizzato una tecnica conosciuta con il nome di Ghost Imaging, che consiste nel registrare l’intensità luminosa trasmessa o riflessa da un oggetto illuminata da una sequenza di particolari fasci di luce

Questo tipo di luce, denominata noisy light, è paragonabile a quella che vediamo quando passiamo un puntatore laser su un foglio di carta. Per ottenere i fasci noisy necessari, gli scienziati hanno utilizzato uno schermo LCD non più grande di un pollice, e l’hanno collegato a un computer per modificarne in tempo reale le proprietà. 

campi di utilizzo per questa neonata tecnologia sono ancora tutti da valutare. Al momento il gruppo di ricerca della UJI sta studiando come applicare il principio single-pixel alla fotografia biomedica. La spiccata trasparenza e l’ubicazione sfavorevole di molti tessuti anatomici ne fa i candidati perfetti per sperimentare un utilizzo scientifico di questa tecnologia. Ma forse, le opportunità più interessanti, risiedono nel campo della criptazione dei dati

Il particolare metodo con cui l’immagine viene “registrata” permette infatti di trasmetterla sotto forma di una sequenza di cifre, codificata. Solo chi è a conoscenza dei codici utilizzati per generare il pattern di fasci noisy potrebbe sfruttare quella sequenza per ricostruire l’immagine originale. In questo modo sarebbe possibile trasmettere immagini riservate attraverso canali di pubblico accesso, come Internet, senza che rischino di essere intercettate e decodificate da persone non autorizzate. 


Nella parte sinistra dell’immagine è possibile vedere le due fotografie scattate in origine (il particolare di un quadro di Picasso e il logo della UJI). Nella parte centrale è come le immagini apparirebbero se decriptate con un codice errato. Nella parte di destra invece le due immagini appaiono correttamente decriptate utilizzando un codice corretto. L’utilizzo di questa tecnologia nell’ambito della sicurezza dei dati (o dello spionaggio) è ancora lontano dall’essere realtà, ma a giudicare dai primi incoraggianti risultati della ricerca, è quasi certo che il sensore single-pixel non rimarrà dimenticato in qualche cassetto dei laboratori di Castellò. 

Con buona pace di chi aspetta fremente l’arrivo dei nuovi sensori a 20 megapixel.

fonte Wired

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